Quando qualcuno trova delle connessioni o individua uno schema per unire eventi tra loro separati e che non hanno un legame comprovato, si sta verificando un fenomeno detto apofènia.
Il termine deriva dal verbo greco ἀποφαίνω che vuol dire «apparire, mostrare, svelare, presentare». Fu coniato nel 1958 dal neurologo e psichiatra tedesco Klaus Conrad, il quale associava questo fenomeno a un sintomo della schizofrenia, per cui l’individuo vede la realtà circostante in modo distorto e collega fatti distinti come se fossero parte di un unico disegno. Era quindi associato alla paranoia e al delirio psicotico che ne consegue.
Attualmente il significato si è ampliato e non è più solo connesso ai disturbi psichici, ma al fatto che sia tipico della mente umana vedere collegamenti anche dove non ci sono, per dare un senso a tutte quelle coincidenze che ci appaiono strane e sospette.
Non è una cosa poi così inusuale, penso che a tutti sia capitato di unire tra loro dei piccoli accadimenti pensando che fosse tutto collegato, non vuol necessariamente dire che siamo tutti paranoici ma che è assolutamente naturale cercare un nesso tra ciò che non riusciamo immediatamente a spiegare.
Si ricollega al concetto di pareidolia, per cui – per esempio – in una nuvola possiamo riconoscere un volto perché il nostro cervello cerca di individuare in tutto ciò che ci circonda qualcosa di noto e familiare. È un meccanismo naturale che ha come fine inconscio quello di ricercare sicurezza, tranquillità e conferme anche dove non ci sono realmente.
Se vi interessa il tema in questione e il cinema, vi consiglio di recuperare il film “π – Il teorema del delirio” di Darren Aronofsky.
Il termine è inoltre citato nella terza stagione della serie Stranger Things, anche se in quel caso si scoprirà che non era solo apofenia ma che tutto era davvero collegato, anche le cose più strane.
Fonti e approfondimenti
Apofenia. Come il nostro cervello vede il mondo – Romolo Capuano
Parole Sperdute 